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Digitando, digitando... n. 59/2023 del 17.05.2023

Apertura

Olivetti M10, laptop e non

Italiano più di nome - anzi cognome - che di fatto, non fu solo la versione ricarrozzata/customizzata
della giapponese Kyocera, ma qualcosina di più.

di Andrea de Prisco

Nato un annetto dopo l’indimenticabile M20 non era, né poteva essere, la versione portatile di quest’ultimo. Rappresentò di fatto un prodotto a sé, come del resto succedeva spesso, se non sempre, in quegli anni. La tecnologia disponibile, tanto per i display quanto per l’elettronica in genere, non era ancora matura per proporre laptop come li abbiamo conosciuti in seguito, anche se a dire il vero non mancava tantissimo al loro avvento.

Non l’ho avuto a suo tempo, da ventenne o poco più informaticamente parlando avevo altre mire, ma ne ho uno FUNZIONANTE nel mio cassetto dei ricordi, accanto ad altri gioiellini di cui abbiamo parlato… l’EPSON HX-20 e il tanto invidiato a suo tempo HP 97. Sottolineo FUNZIONANTE (tutto maiuscolo) perché ho scoperto, con terrore, di aver dimenticato - mannaggiammè!!! -  una decina di anni fa le pile stilo alcaline al suo interno. Le quali, come prevedibile, hanno vomitato tutto l’acido (?) che potevano… fortunatamente senza provocare, oltre allo schifo, particolari danni. Ho inserito pile cariche, peraltro “non previste” essendo le nuove ricaricabili NiCd, e… rullo di tamburi… s’è acceso come se nulla fosse. Anche la tastiera risponde bene, così ho buttato giù una riga di Basic per farmi salutare dal solito “Hello World” (2023 edition!) 😁

Dicevamo che l’M10, di Olivetti, ha “quasi” poco. Se da una parte è vero che si trattava di una riedizione del Kyocera Kyotronic KC-85 (come hanno fatto, con meno impegno, anche Nec e Tandy), dall’altra si vede e si apprezza già al primo sguardo che non si trattasse della fotocopia di un prodotto già esistente. Infatti il look e i colori sono quelli Olivetti, con buona pace degli armocromisti, e le differenze sono più che altro funzionali. Diversamente dai suoi gemelli diversi, l’M10 aveva il display sollevabile, dettaglio non secondario perché offriva un utilizzo ergonomico anche su un tavolo… e non solo sulle proprie gambe ai giardinetti in veste, più specifica, di computer laptop. La tastiera, inoltre, era (maledettamente) italiana… ovvero, seppur dotata di accentate, sfoggiava la disposizione QZERTY e i numeri relegati in seconda battuta… proprio come ci ha sbomballato la Apple con i Macintosh dei primi (troppi) anni. Layout a parte, il feeling - so di essere ripetitivo - era/è quanto di meglio si potesse desiderare per la digitazione, anche di testi molto lunghi benché il dispositivo non nascesse specificatamente come word processor portatile. O anche sì, visto che riscosse un certo interesse tra i giornalisti… più svegli!

Oltre al Basic Microsoft e al minimale editor di testi, preinstallati in ROM c’erano anche un programma indirizzario, uno agenda (poco più che un gestore to do list) e l’immancabile TELCOM per collegamenti via seriale, con aggiunta o meno del modem, verso un non ancora ben definibile mondo esterno. Difficilmente era più del computer “grande” per il trasferimento file, o qualche sparuto “server telematico” in attesa di chiamate telefoniche via modem, linea libera permettendo. Chi non c’era a quei tempi non capirà, tutti gli altri sì… eccome!

Il display, in grado di visualizzare 8 righe da 40 colonne (già un buon salto avanti rispetto ai precedenti “francobolli”) offriva una visibilità accettabile, pur non essendo retroilluminato. Al più andava regolato di volta in volta la polarizzazione (il contrasto) essendo al solito a matrice passiva. Poteva essere utilizzato anche in modalità grafica, con una risoluzione di “ben” 64x240 pixel pari all’intera area caratteri, dove ognuno di questo occupava una matrice 8x6, spaziature incluse.

Il processore era l’80C85, di cui abbiamo parlato giorni fa, qui clockato a soli 2,4 MHz (c’è chi dice 3, ma sempre pochini erano…). La RAM partiva da 8 KB, insufficienti per un uso agevole della macchina, ma c’erano anche versioni da 24 o 32 KB così come era possibile espandere successivamente le versioni minori. La ROM era da 32 KB anche questa espandibile ulteriormente. Per operare le varie “aggiunte”, sia RAM o ROM, non era necessario aprire la macchina essendo presente sul fondo uno specifico sportellino, ad apertura rapida e… temeraria. Oggi la liquideremmo come “non a norma”, ma a quei tempi nessuno ci faceva caso.

Sul retro, infine, erano presenti le porte “solite” (seriale, parallela, registratore, lettore codici a barre) e il rassicurante pulsantino di reset…

… che non si sa mai! 😁

 

 


 

La tastiera, italiana "vecchio stile" (come quelle delle macchine per scrivere) aveva il layout QZERTY e, soprattutto (negativamente!) i numeri disponibili in seconda funzione. Che per un computer programmabile in Basic non è comodissimo...

 


 

Funziona. Nonostante l'età risponde ai comandi e... saluta!.

 


 

Sul fondo, troppo accessibile, c'era l'alloggiamento per le memorie su chip, inclusi due zoccoli vuoti per le espansioni RAM/ROM.

 


 

Funziona ancora, nonostante i sui 40 anni d'età e gli sono "bastate" 4 pile ricaricabili Ni-Cd che, come noto, hanno una tensione di 1.2 Volt invece degli 1.5 delle (non più) comuni stilo alcaline.

 



 

:-)

 


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