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Digitando, digitando... n. 57/2023 del 12.05.2023

Apertura

Casio FP-200, portatile q.b.

I primi anni ottanta sono stati un periodo di transizione per i computer portatili, la tecnologia non era pronta ma lo era, e pure tanto, la voglia ‘mobile’.

di Andrea de Prisco

Da una parte c’erano i trasportabili, in pratica si zippavano in ingombranti valigioni l’elettronica e le periferiche normali: monitor CRT, unità floppy disk, in qualche caso anche una stampantina. Dall’altra si cominciavano a intravedere i primi portatili realmente tali, autoalimentati e in grado di offrire minime capacità di calcolo… formato valigetta. Anch’esse un must di quegli anni!

Tra questi c’era il Casio FP-200 che l’azienda giapponese definì addirittura handheld computer, nonostante i quasi due kg di peso e un formato che, seppur compatto, non gli consentiva certo di essere usato in palmo di mano. Però era chiaro che lì saremmo arrivati… molti, molti, anni dopo!

Altrettanto da tavolo le periferiche esterne, tra cui un costosissimo floppy disk drive (singola faccia, singolissima densità: appena 70 KB a dischetto!) e l’ormai quasi consueta stampantina-plotter a quattro penne per altrettanti colori. L’alimentazione della macchina era fornita da un doppio set di pile stilo, quattro più due: le prime fornivano l’energia al sistema durante l’utilizzo normale, le seconde fungevano da batteria tampone durante la sostituzione delle prime. Pile principali, peraltro, da togliere in caso di utilizzo del drive perché al loro posto si inseriva l’interfaccia. In questo caso l’alimentazione al sistema nel suo complesso era fornita esternamente, annullando la portabilità dell’insieme.

Tallone di Achille per i primi portatili era spesso, quasi sempre, il display. Ovviamente solo monocromatici ancora per un po’ di anni, nella totalità dei casi dalle dimensioni poco più che simboliche. Se i PC più performanti dell’epoca già offrivano 80 colonne x 25 righe - e si intravedeva una discreta grafica ad “alta” risoluzione - nei portatili sì e no avevamo 20 colonne per 8 righe… come nel caso (Casio?) in questione. La sua matrice di pixel “completa” consentiva al display di essere utilizzato anche per tracciare piccoli grafici, per la gioia dell’utente e di qualche stupito spettatore. Ma quanto si era felici con poco!

Viceversa quasi mai si lesinava per la tastiera, anche perché questi cosetti tutto erano tranne che giocattoli: dimensione e disposizione dei tasti era sufficientemente standard. Anche il feedback degli stessi non era da meno, con una corsa ben più che accettabile… non come quella del laptop ultraslim-ultrafigo che sto utilizzando in questo momento. Lasciamo perdere, va’!

La memoria era di 8K RAM (espandibili a 32 tramite moduli aggiuntivi installabili sul fondo senza aprire la macchina) e ben 32K ROM. Comprendeva, oltre al sistema operativo proprietario, anche un Basic piuttosto completo e un poco noto ai più CETL, acronimo di Casio Easy Table Language. Se vi dice ancora poco… siete in buona compagnia (presente!). In pratica era una sorta di spreadsheet/database con il quale era possibile gestire “in qualche modo” dati e tabelle. Nulla a che vedere con i vari VisiCalc, Multiplan, Lotus 1-2-3: nel caso dell’FP-200 era, al più, d’aiuto per calcoli (e tabelle) piuttosto semplici. Condivideva, nel senso positivo del termine, file e memoria con il Basic, tant’è che era possibile una interazione tra i due ambienti.

Infine, il Casio FP-200 era basato sull’Intel 8085 (in versione C-MOS, quindi 80C85) che NON era una versione semplificata dell’8086 (e nemmeno dell’8088) ma una evoluzione dell’8080. Quindi un normalissimo 8 bit che, rispetto alla CPU da cui derivava e con la quale era compatibile, aveva in più qualche istruzione e in meno la compagnia di alcuni circuiti di supporto, agevolandone l’utilizzo in sistemi più semplici e meno costosi. Il “5” finale, infine, non indicava la “quinta versione di qualcosa” ma più semplicemente il fatto che per funzionare necessitasse di una singola tensione a 5V, a differenza del suo predecessore per il quale ne serviano addirittura tre: -12, +5 e +12. Come ci ricorda Zia Wiki, « … l’8085 è stato utilizzato oltre che in alcuni dei primi personal computer, anche nelle unità di calcolo delle strumentazioni di bordo in diverse missioni della NASA e dell'Agenzia Spaziale Europea tra il 1990 e il 2007, come ad esempio il Sojourner. In totale è stato utilizzato in 100 missioni spaziali dal momento della sua introduzione fino al 2002, quando è stato sostituito da architetture più potenti».

 

Gulp!

 

 


 

Sul retro era presente l'alloggiamento per le pile stilo (o per l'interfaccia FFD), una porta seriale, quella per il registratore a cassette e la parallela "vecchio stile".

 


 

Sul lato destro il connettore per il tastierino numerico esterno (anche quello!!!), il pulsante di reset e l'ingresso per l'alimentatore esterno, indispensabile quando si collegava il floppy disk drive esterno.

 


 

L'alloggiamento per le espansioni RAM/ROM e le sedi per i due set pile: primario e secondario (vedi testo).

 


 

Uno sguardo all'interno. A quei tempi erano quasi normali i "ripensamenti dell'ultima ora", vere e proprie correzioni (a volte inspiegabili) alla scheda elettronica.

 



 

:-)

 


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