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Digitando, digitando... n. 54/2023 del 05.05.2023

Apertura

Local Integrated System Architecture… Eh?!?

Sicuramente dirà poco ai distratti, ma basta ‘‘estrarne’’ l’acronimo per leggere Lisa,
ovvero il primo computer commerciale domato da un mouse.

di Andrea de Prisco

Naturalmente, perdonate il gioco di parole, ‘‘frutto’’ di Apple… anche se lo sanno pure i topi che l’interfaccia grafica con puntatore, icone e finestre non è tutta farina del sacco cupertiniano. La storia infatti ci ricorda che l’idea nacque a Palo Alto (in California, tanto per cambiare) ad opera di Xerox, spesso ricordata più per le fotocopiatrici che per questa provvidenziale genialata!

Correva l’anno 1979 e l’affamato (di conoscenza) Steve Jobs - come lo stesso dichiara in un’intervista smarrita per un po’ di anni - era in visita proprio allo Xerox PARC, Palo Alto Research Center. Lì, racconta, rimase letteralmente folgorato da quella rivoluzionaria interfaccia grafica, seppur da completare e migliorare, come poi avvenne. Ma il passaggio “storico” più importante fu proprio il fatto che immaginò questa modalità di interazione come indispensabile per i futuri computer. E non si riferiva, almeno col senno di poi (l’intervista è del 1995, sedici anni dopo quella visita) solo agli Apple: «Rimasi accecato da quella interfaccia grafica, pensai che fosse la cosa migliore che avessi mai visto in vita mia. Era molto imperfetta, incompleta, avevano sbagliato un sacco di cose, ma quello di cui ci rendemmo conto è che era lì in quel momento il principio di un’idea e che si trattava di un gran lavoro. E mi fu subito evidente che un giorno tutti i computer avrebbero funzionato in quel modo».

Nonostante ciò, il Lisa - come avvenne per altre ragioni con l’Apple III - fu un disastro commerciale a fronte, viceversa, di un successone sotto il profilo tecnologico. Due i difetti principali: il primo era il costo troppo elevato per una diffusione di massa (circa 10.000 dollari al lancio), il secondo… che fosse troppo avanti per i tempi. E non tanto per la questione mouse-icone-finestre sulla quale c’era poco da obiettare, ma per l’architettura software vera e propria che chiedeva troppo all’hardware utilizzato. Al punto che a molti sembrava una macchina lenta, senza tener conto di quanto facesse, di nuovo e di buono, per l’utente.

Come ci ricorda Zia Wiki, «LisaOS implementava la memoria protetta attraverso una soluzione propria basata su componenti hardware tradizionali, diversamente da quanto succedesse con le workstation Sun-1 dello stesso periodo (1982 circa). Queste sfruttavano un’unità di memory management, non ancora disponibile da Motorola per il suo 68000 al tempo in cui fu sviluppata macchina. Nonostante la lentezza della soluzione di Apple, che era anche il risultato di un compromesso per la riduzione dei costi, LisaOS era assai più evoluto del successivo MacOS per il quale la memoria protetta non sarebbe arrivata prima della versione X, diciotto anni dopo».

Interessante anche la gestione della memoria a livello più basso. Non solo i byte erano affiancatati da bit di parità, ma l’eventuale rilevazione di un errore non bloccava l’intera macchina, come avveniva con il PC IBM, ma il chip capriccioso veniva isolato senza interrompere la funzionalità degli altri componenti in salute. Chapeau!

Tra le cose particolari, discutibili se vogliamo, il primo modello utilizzava unità floppy disk 5,25’’ Apple FileWare, doppia faccia e doppia testina… sfasata e, di conseguenza, con due aperture sull’involucro del supporto anziché una. Sarebbe dovuta essere una soluzione più affidabile, ma di fatto non lo era… tant’è che nel Lisa successivo le due strane furono sostituite da un’unica meccanica 3,5’’ per alcuni versi più normali, seppur con capacità di memorizzazione inferiore.

Altrettanto atipica, ma stavolta nel senso positivo del termine, l’ingegnerizzazione nel suo insieme. Già si intravedeva l’evoluta logica costruttiva delle macchine Apple che abbiamo apprezzato anche negli anni a seguire. La “scheda madre” era poco più che una ciabatta nella quale erano inserite tutte le schede vere, compresa quella processore, quella di I/0 e delle memorie. Erano disponibili tre slot di espansione per ulteriori interfacce, mentre le porte principali erano già disponibili e pronte all’uso anche queste sul retro. Il tutto era accessibile con una semplicità disarmante, con pochi attrezzi e tanta “meraviglia”.

Con rispetto parlando! 😁

 

PS: Lisa in realtà era anche (soprattutto) il nome della figlia di Steve Jobs. Altro che balle…

 

 


 

Sul retro erano disponibili di serie due porte seriali, una parallela, l'uscita video per monitor esterno, il connettore per il mouse e un rassicurante pulsante di reset. Ulteriori interfacce potevano essere installate nei tre alloggiamenti presenti a sinistra.

 


 

Togliendo il coperchio posteriore in primo piano trovavamo la scheda I/O,
ma era solo l'inizio.

 


 

Le parti principali dell'elettronica del Lisa. Dall'alto, la scheda processore, la scheda I/O, due schede RAM e in basso la scheda "madre" che le metteva in collegamento tra loro e con le eventuali schede aggiuntive nei tre slot verticali.

Quello a destra è il pacco batterie (4 stilo AA ricaricabili) dell'orologio in tempo reale che assicuravano solo poche ore di autonomia: ma quanto consumava???

 

 


 

Dettaglio della semplice scheda madre. Notare i due slot CPU e I/O leggermente sfasati per evitare di scambiare di posto le due schede, che avevano lo stesso connettore ma in posizione diversa.

 


 

Il Lisa 2 utilizzava un solo drive, meno particolare, da 3,5'' e per questo era "fortemente consigliato" l'utilizzo di un hard disk esterno, come il ProFile nato per l'Apple III. Esisteva anche con hard disk interno... ma creava problemi anche questo!

Gli utili esemplari di Lisa furono venduti come Macintosh XL, dopo l'aggiunta di un'apposita ROM che lo rendeva compatibile con il fratellino minore.

 

 



 

:-)

 


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