Digitando, digitando... (clicca per tornare alla pagina precedente...)

Articolo pubblicato su www.digiTANTO.it - per ulteriori informazioni clicca qui


Digitando, digitando... n. 49/2023 del 24.04.2023

Apertura

M20, l’occasione mancata

Sale un po’ di malinconia ricordando questo Olivetti, che ha provato a scontrarsi col gigante IBM e quel che stava succedendo in quegli anni.

di Andrea de Prisco

Il personal italiano a 16 bit. Con queste parole, che riassumono l’essenza del progetto, si apre un opuscolo dell’epoca dedicato all’M20. Continuando a leggere: «È il computer con cui Olivetti attua una sintesi di tutte le sue capacità industriali e tecnologiche in elettronica dell’informazione, una somma di esperienze che nessun altro al mondo può vantare: data processing amministrativo e scientifico, elaborazione della parola, contabilità e gestione, informatica distribuita».

L’M20 nasce, come quasi tutti i computer dell’epoca, in Silicon Valley. Non nel solito garage nerdissimo, ma presso il centro di ricerca Olivetti (quindi, posizionamento geografico a parte, italianissimo e come!) denominato Advanced Technology Center, ATC. Era stato fondato tre anni prima, più o meno quando iniziò lo sviluppo della macchina. Nel 1982, anno del lancio, contava su 170 risorse umane tra ricercatori e professionisti dell’informatica. Naturalmente l’ATC non si occupava solo di questo progetto, ma anche dello sviluppo di chip LSI (Large Scale Integration), integrati contenenti da 100 a 10.000 transistor.

Non ebbe il tempo di essere compatibile… con quanto stava succedendo. Il Personal Computer di IBM, presentato pochi mesi prima, fu sviluppato da Big Blue praticamente nello stesso periodo. Questa probabilmente è stata peggior sfiga che potesse capitargli.

Sulla carta, purtroppo solo lì, era migliore. Processore VERO a 16 bit Zilog Z8001; sistema operativo PCOS proprietario (con quel che ne consegue in positivo e in negativo); RAM a partire da 128 KB, ovvero il doppio dell’IBM di base; modalità grafica di serie con risoluzione 512x256 pixel; porte seriale e parallela disponibili on board. Come memorie di massa utilizzava due meccaniche floppy disk 5.25’’ da 320 KB; opzionalmente era disponibile anche un hard disk, nei tagli tipici del periodo: una decina di MB… e sto!

Molto curato esteticamente, come consuetudine Olivetti, offriva una la tastiera integrata dal layout non proprio standard e un monitor separato. Questo era semplicemente appoggiato sul cabinet, in un leggero incavo ovale che consentiva un posizionamento vicino alle esigenze (laterali) dell’utente, inclusa la possibilità di ruotarlo o inclinarlo al bisogno. Un minimo di ergonomia, poca poca, che di certo non guastava.

PCOS stava per Professional Computer Operating System: nella sua versione iniziale non gestiva directory e poteva utilizzare massimo 192 file per volume. Assieme al Basic, che era considerato “residente”, veniva caricato da floppy disk all’accensione. Come riassume Zia Wiki, su una macchina non espansa, tenuto conto che 16K erano riservati per la pagina video (gestita a pixel anche per gli output testuali), rimanevano per l’utente una quarantina di KB. In altri termini, ulteriori 128K erano fortemente consigliati per iniziare a lavorare bene con l’M20. Oltre a questo il PCOS caricava d’ufficio (residenti) i 6 comandi principali, altri potevano essere aggiunti tramite configurazione per averli pronti all’uso senza doverli pescare, di volta in volta, sul disco di sistema a ogni utilizzo.

Tornando all’hardware propriamente detto, sulla piastra madre erano presenti in tutto cinque slot di espansione, tre per la memoria (moduli da 128 KB l’uno, che portavano a 512 KB complessivi) o per l’adattatore video a colori, due collegati al bus di sistema dove si potevano inserire ulteriori interfacce, inclusa una scheda rincorri-utenza dotata di processore Intel 8086 per l’ormai diventata indispensabile compatibilità MS-DOS. Soluzione che, purtroppo, non ebbe tanto successo tant’è che poco dopo la macchina originaria venne pre-pensionata per fare spazio all’M24 che, a differenza del 20, diceva davvero poco.

 

Peccato!

 

 


 

Il monitor concedeva un minimo di ergonomia, potendo essere ruotato, inclinato e traslato lateralmente, grazie alla sede allargata prevista sul lato superiore della macchina.

 


 

Alla versione con HD, nonostante avesse qualcosa in più, sembrava gli mancasse qualcosa. Esteticamente!

 


 

La piastra madre era bella grande, a sviluppo longitudinale, piena zeppa di componenti. Si notino in alto (vicino al lato posteriore dell'M20) gli slot di espansione, di due tipi diversi per memorie e altri add-on. In basso al centro il processore Z8001 e alla sua sinistra gli alloggiamenti (alcuni di questi non utilizzati) per le ROM.

 



 

:-)

 


Articolo pubblicato su www.digiTANTO.it e su Facebook. Per ulteriori informazioni clicca qui