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Digitando, digitando... n. 38/2023 del 29.03.2023

Apertura

C’era una volta… il PET

Durò poco, il nome, contestato da Philips che l’aveva registrato anni prima.
Non fu così per la ‘‘famiglia PET’’ in sé, ben più longeva e prolifica..

di Andrea de Prisco

Cresciuto a pane e VIC-20 (poi pane e C64) nel guardare oggi un PET, che da post-adolescente stolkeravo spesso nei primi negozi informatici di fine anni 70, non posso non riconoscere la sua impronta caratteristica nei successivi home offerti da Commodore. A cominciare dal quel non sempre rassicurante ‘tot’ BYTES FREE, subito visibile all’accensione, seguito dall’inseparabile READY e dal cursore lampeggiante quadrato: il nostro principale canale di comunicazione verso il “sistema”.

Vabbè, note nostalgiche a parte, a mio sindacabilissimo giudizio il PET è stato in ordine di importanza il secondo componente della nota “1977 Trinity”, come la definì Byte alcuni anni dopo. Gli altri attori come noto erano l’Apple II e il TRS-80, consentitemi, quest’ultimo il meno interessante dei tre.

Il primo PET fu anche un timido tentativo personal della soluzione all-in-one, anche se riuscita non proprio proprio bene sotto il profilo ergonomico. Pur di riuscire a integrare (ma sarebbe meglio dire “accroccare”) anche il registratore a cassette nello spazio di una tastiera standard o poco più, la stessa fu sacrificata oltre ogni limite. Tant’è che questa soluzione, criticabile e criticata, fu presto abbandonata per lasciare spazio a una tastiera più classica, seppur “banale”. Se poi davvero volevi usare il registratore a cassette lo collegavi esternamente o, budget permettendo, meglio ancora ti affidavi a una più solida unità per floppy disk.

Quest’ultima, a differenza della soluzione iper semplificata-ottimizzata proposta Apple e in particolare dal geniale Wozniak per il suo “2”, il termine unità se lo meritava appieno. La periferica Floppy Disk Drive di Commodore era a sua volta un “computer” (dedicato) con tanto di CPU, RAM, ROM e specifico sistema operativo, in grado di dialogare col sistema master (il PET) attraverso una porta IEEE-488 e richieste/risposte scambiate tra le “parti”. È la stessa architettura vista successivamente sui vari 1540-1541-ecc. di VIC e C64 con l’aggravante, in questo caso, che la lentissima interfaccia seriale li rendeva poco attraenti sotto il profilo prestazionale. Fino all’arrivo dei vari “turbo-disk” che non tardarono ad arrivare e rimisero un po' le cose a posto.

Tornando al PET, poi ribattezzati più semplicemente CBM, dopo la prima versione con la tastiera giocattolo, i modelli successivi - che rimanevano basati sul classico 6502 a 1 MHz - hanno via via visto aumentare la RAM e soprattutto le dimensioni/capacità dello schermo video. Inizialmente solo a 40 colonne su un display b/n “secco” da 9 pollici, per passare poi ai più salubri fosfori verdi e soprattutto alle agognate 80 colonne, su un "ampio" 12 pollici, spalancando le porte agli utilizzi professionali da ufficio.

A meno di non installare add-on specifici, non aveva capacità grafiche intese come possibilità di indirizzare singoli pixel sullo schermo, ma si potevano utilizzare caratteri speciali (cuoricino incluso, seme delle carte da gioco) per comporre tabelle o semplici diagrammi sul video. Anche il set di caratteri PETSCII - fusione di PET e ASCII - è transitato, d’ufficio, sui successivi home dove però la grafica a pixel integrata c’era e come. Anche se andava, in un certo senso, “risvegliata” con cartucce o utilities.

L’ultimo modello fu l’SP9000, con 96 KB di RAM e 48 di ROM, soprannominato coraggiosamente SuperPET o MicroMainframe. Come riporta l’instancabile Zia Wiki inglese: “… è stato progettato all'Università di Waterloo (in Ontario/Canada, ndr) per l'insegnamento della programmazione. Oltre all'hardware di base del CBM 8000, il 9000 aggiungeva una seconda CPU Motorola 6809, una quantità maggiore di RAM e includeva una serie di linguaggi di programmazione tra cui un BASIC nella ROM per il 6502 e un BASIC separato ANSI Minimal BASIC compatibile per il 6809, insieme ad APL, COBOL, FORTRAN, Pascal, assembler 6809, tutti su floppy (…) Inoltre, questa macchina è diventata un ambiente di sviluppo remoto in cui l'utente poteva caricare successivamente la propria creazione su un mainframe dopo aver completato lo sviluppo e il test su SuperPET”.

SuperWOW!!!

 

 


 

L'apertura a "cofano" del PET ne facilitava l'accesso più ai centri di assistenza che all'utente. Quest’ultimo infatti aveva ben poco da fare al suo interno, in termini di espansione o altro.

 


 

Presto arrivarono anche le versioni con monitor 12 pollici, qui ancora a 40 colonne.

Le "ottanta" arrivarono solo con la successiva serie 8000.

 


 

L'unità FD era a sua volta un computer dedicato con CPU, RAM, ROM, sistema operativo specifico. Dialogava con il PET tramite la porta IEEE-488.

 


 

La linea CBM proseguì con l'estetica totalmente rinnovata (opera di Porsche Designe, scusate se è poco!). Qui uno degli ultimi modelli con doppio drive FD integrato, monitor basculante e tastiera separata.

 



 

:-)

 


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