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Digitando, digitando... n. 30/2023 del 10.03.2023

Apertura

ST… come Sedici-Trentadue!

Oggi Fiorello direbbe ‘’C’è del CoppiBartalismo!’’ e, si sa, che c’è sempre stato. Anche nel variegato mondo del personal computing dei tempi andati.

di Andrea de Prisco

Parliamo della corrente Atari ST, antagonista più o meno contemporanea dell’universo Amiga. Anni prima il match era tra sincleriani e commodoriani (declinato nei vari step intermedi) mentre precedentemente, per chi c’era, a battersi erano i fan SOA ed RPN, ovvero logica di calcolo algebrica Texas contro quella inversa HP. Inutile dire che poi lo scontro è continuato con Mac/Win e più di recente abbiamo tifosi iOS/Android. E chissà cosa “seguiremo” in futuro.

Confesso una cosa: non ricordavo - o forse non sapevo affatto! - che ST stesse per Sixteen-Thirtytwo, ovvero sedici-trentadue. Riguardava l’architettura - questo non l’ho mai dimenticato - del Motorola 68000, utilizzata nei nuovi Atari e caratterizzata da registri interni a 32 bit pur con bus dati a 16, più che sufficiente a quei tempi. Qualcuno, a onor del vero, esplorò anche la direzione ulteriormente peggiorativa: ballava, infatti, anche un 68008 con bus dati ristretto a soli 8 bit utilizzato - ci torneremo - da Sinclair per il suo QL. Dal lato opposto, e chiudo la parentesi CPU, per avere un “full 32 bit” in casa Motorola si dovette attendere la diffusione del 68020, che pure fece parlare molto di sé in quegli anni. Molto prima dell’abdicazione RISC in favore della famiglia PowerPC.

Tornando agli Atari ST - il plurale è d’obbligo trattandosi di una famiglia di personal computer - quando venne presentato il primo modello, il 520, furono scombinate un bel po’ le carte in tavola. Soprattutto per il suo prezzo di vendita molto contenuto a fronte di caratteristiche tecniche paragonabili a quelle del più blasonato Macintosh. Sì, lo so, non tutti sono d’accordo… ma andiamo avanti.

Senza dubbio giocò alcuni jolly interessanti. Il primo riguardava il fatto di poter utilizzare, anni prima del Mac, un monitor a colori (anche se la risoluzione non era un granché) in alternativa a quello in bianco e nero, ben più nitido e definito del primo. Sottolineo “in alternativa” in quanto il monitor collegato era una scelta non solo… cromatica. Il diverso output, proprio per la differente risoluzione, generava di fatto due computer diversi - tenetevi forte - poco compatibili tra loro. I software in alcuni casi NON si autoadattavano in base alla risoluzione (cosa oggi scontata) e pertanto scegliere in fase di acquisto un monitor o l’altro si ripercuoteva di fatto sui programmi utilizzabili, quelli a colori prevalentemente giochini (pur su una macchina nata per tutt’altro genere di applicazioni).

Come i Mac aveva un’interfaccia grafica con mouse e finestre (non proprietaria, si basava sull’ambiente GEM di Digital Research) e, ciliegina sulla torta per alcuni, integrava un’interfaccia MIDI, rendendoli particolarmente appetibili e diffusissimi nel mondo musicale. Non era raro vederli sul palco, assieme a tastiere e altri strumenti elettronici, nei concerti più movimentati.

Il primo modello, l'Atari 520 ST, era un po’ accroccato. Bisognava collegare non meno di 5-6 cose prima di poterlo accendere: due alimentatori, monitor, mouse, drive esterno e… lui medesimo. Con il 1040 la musica cambiò parecchio integrando, quest’ultimo, tanto la meccanica FD doppia faccia che l’intera sezione di alimentazione: lo collegavi direttamente alla 220 e non per il tramite di trasformatoroni che, con rispetto parlando, facevano tanto VIC-20 o C-64.

Ma di queste due pietre miliari Commodore, tanto il 520 quanto il 1040 ereditavano ancora il “formato home” (tastiera con dentro il computer e altro) pertanto il passo successivo, nonché l’ultimo di un certo peso, fu quello di separare la tastiera e proporre il “Mega”, una versione dall’aspetto più professionale. Sempre con l’intento, mai realizzato, di scalfire la supremazia Mac in ambito Desk Top Publishing.

Sappiamo come è andata, Jack!

 

 


 

L'Atari 520 ST aveva il drive floppy disk esterno e utilizzava due grossi alimentatori separati per dare corrente al tutto: un vero e proprio 'accrocco'.

 


 

Il monitor e la bassa risoluzione grafica a colori rendevano difficoltosa già la semplice interfaccia grafica, figuriamoci cosa poteva succedere con i programmi più 'articolati'.

 


 

Il mouse smontato e - come la definii a suo tempo in una didascalia su MC - la "fantomatica" palletta (che molti lettori non avevano ancora visto!)

 


 

Con l'Atari Mega ST venne proposto un look più 'profescional', ulteriore tentativo (a vuoto) per scalfire la supremazia Macintosh in ambito DTP.

 



 

:-)

 


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