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Digitando, digitando... n. 21/2023 del 17.02.2023

Apertura

Il portatile… ‘a bolle’

Lo Sharp PC-5000, nato nei primi anni ottanta, è considerato da molti il primo computer portatile della storia, ma aveva tanto altro da raccontare.

di Andrea de Prisco

In realtà, diciamolo subito, non è stato il primo-primo portatile, nemmeno tra quelli formato clamshell (apertura a conchiglia, con il coperchio-display che scopriva la tastiera). C’erano altri due precedenti, lo “spaziale” GRiD Compass - noto per aver viaggiato a bordo dello Space Shuttle - e il “massiccio” Gavilan SC.

Questo no, davvero compatto, era dedicato - almeno nelle intenzioni della Casa giapponese - a un più ampio pubblico. Diciamo che lo Sharp PC-5000 fece sicuramente da apripista per il mercato, ancora in fase embrionale, dell’informatica mobile.

La sua particolare compattezza era dovuta proprio alla tecnologia giapponese, in particolare di Sharp, che in quanto a miniaturizzazioni aveva voce in capitolo. Ad esempio l’elettronica interna faceva largo uso di chip a più alta integrazione, rispetto alla media del tempo, saldati in modalità SMD (acronimo di Surface Mount Device) che prima vedevamo quasi esclusivamente nelle calcolatrici programmabili più moderne.

Inoltre, nel suo compatto cabinet poteva integrare anche una stampante termica, acquistabile e installabile dall’utente anche in un secondo tempo. Si poteva utilizzare anche con carta normale, nel qual caso bisognava installare anche un nastro “speciale” che trasferiva a caldo i suoi pigmenti, sempre grazie alla testina termica presente.

Con il suo 8088 a 4.77 MHz, i 128/256 KB di RAM e un’architettura nella norma, era anche quasi-compatibile MS-DOS. Nel senso che il sistema operativo in versione 2.0 era effettivamente presente (così come l’immancabile interprete BASIC di Microsoft) ma per via del display “suo” difficilmente saremmo riusciti a utilizzare su questo portatile programmi scritti per altri computer, a meno che non fossero programmini del calibro “riga di comando”. Né era presente, nemmeno come opzione, un’uscita video, quindi il PC-5000 nasceva e moriva come portatile, col suo display LCD da 8 righe per 80 caratteri. Fine.

Ma veniamo alla ciliegina sulla torta che dà il titolo a questo post. Come qualcuno, spero, avrà notato non ho menzionato memorie di massa: floppy disk, hard disk o altro?

La risposta è... “la terza che ho detto”. Questo gioiellino, come caratteristica davvero particolare (se non unica) poteva salvare dati e programmi su modernissime, per l’epoca, memorie a bolle. Moduli in grado di immagazzinare stabilmente e velocemente fino a 128 KByte (ovvero un Mbit) di informazione, grazie a una tecnologia davvero innovativa, con cartucce inseribili in un apposito alloggiamento presente tra tastiera e display e gestite dal sistema operativo praticamente come normali floppy disk.

La differenza, rispetto a questi, era però bella grande. Innanzitutto, pur trattandosi di “registrazioni magnetiche” non c’erano parti meccaniche in movimento, a vantaggio indiscutibile della velocità e dell’affidabilità maggiore di alcuni ordini di grandezza. Le “bolle” - o “dominii” - semplificando al massimo (anche troppo), erano microscopiche aree magnetiche polarizzate all’occorrenza su una minuscola e sottile pellicola di materiale magnetico, situata all’interno stesso del modulo.

Tali bolle, poi, grazie a un ingegnoso impiego di campi magnetici potevano essere spostate sulla superficie (mantenendo il loro stato di 1 o 0 memorizzato, esistenza o meno della polarizzazione) fino a farle scorrere sotto quella che potremmo definire “la testina magnetica” per leggerle (o scriverle). In pratica erano ad accesso sequenziale, come i nastri, ma grazie al fatto che le bolle si potevano spostare a velocità “astronomiche” i tempi di accesso alle informazioni erano (quasi) prossime a quelle delle memorie volatili a stato solido del tempo.

Se pensiamo (io, almeno, ci penso…) che in quegli stessi anni all’università me la facevo ancora con le schede perforate… un certo “brivido blu”, come le famose mille bolle, ancora lo avverto.

Ma che ne sanno i piskellians… 🤣

 


 

Le dimensioni erano abbastanza compatte per l'epoca: integrava anche una stampante per carta termica o a trasferimento termico su carta normale.

 


 

Un modulo 'Bubble Memory' smontato: il cuore era quel rettangolo metallico ben visibile in foto con all'interno film magnetico, avvolgimenti e magneti permanenti.

 


 

L'alloggiamento per le memorie a bolle era tra tastiera e display. Come per i floppy disk potevano essere cambiate anche a computer acceso, l'importante era non effettuare l'operazione durante un'operazione di lettura o scrittura. Cosa che ovviamente vale per tutte le memorie rimovibili di ieri, oggi e domani.

 


 

 



 

:-)

 


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