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Digitando, digitando... n. 63/2023 del 26.05.2023

Apertura

EPSON PX-8, parliamone…

Nell’ormai ben avviata corsa al ‘mobile’ degli anni ottanta,
cominciano ad arrivare le prime soluzioni ricche di idee interessanti.

di Andrea de Prisco

I giapponesi, si sa, quando si tratta di fare le cose “in piccolo” (nel senso positivo del termine) non sono mai stati secondi a nessuno. Si potrebbe addirittura arrivare a dire che “Made in Japan” il più delle volte poteva essere un meritato sinonimo di miniaturizzazione, sin dai tempi della meccanica (e dell’ottica) di precisione, passando per l’elettronica analogica e, conseguentemente, quella digitale. Spesso con l’aiutino di processi produttivi innovativi come gli assemblaggi SMD, tecnica a dire il vero non inventata da loro… ma anche questo, come noto, non è mai stato per loro un problema!

L’EPSON PX-8 non era, di per sé, tanto minuscolo o leggero… ma offriva a portata di valigetta - ormai era quella l’unità di misura - caratteristiche tali da non far rimpiangere quelle delle macchine desktop.

Il display offriva le ormai indispensabili 80 colonne ed era inclinabile di 180 gradi; il sistema operativo non era proprietario e nemmeno limitato a un sottoinsieme di comandi aggiunti al Basic, ma trovavamo il CP/M “in persona”. Anche le possibilità di espansione erano interessanti che andavano ben oltre il floppy disk o la stampantina, altrettanto portatili, così come era soddisfacente l’autonomia di utilizzo mobile, fino a 6-8 ore. Tra tastiera e display integrava un registratore a microcassette digitali per salvare o caricare programmi e dati. Si basava su una meccanica Olympus, già vista su altri modelli, totalmente controllata via software: il contanastro elettronico era visualizzato nella pagina di status della macchina.

Anche il processore era piuttosto comune, trattandosi della versione C-MOS dello Z80 cosa che, come detto, spalancava le porte al CP/M, ancora molto in voga in quegli anni… seppur già un po’ “anzianotto” (cit.).

Tanto il registratore a microcassette, quanto le stesse ROM preinstallate o di espansione, così come la base RAM disk opzionale, erano “viste” dal CP/M come drive standard. L’unità a microcassette, peraltro, aveva la directory dei file a inizio nastro, caricata in memoria nel momento in cui “MOUNTavamo” il dispositivo prima del suo utilizzo. Eventuali aggiunte di nuovi file (o eliminazioni) non erano immediatamente riportate nella directory, il procedimento sarebbe stato troppo lento, ma avveniva al momento dell’estrazione cassetta, da precedere con il comando REMOVE.

Come fu riportato all’epoca su MC: «… oltre allo Z80, il PX-8 è dotato di due processori ausiliari, che si occupano della maggior parte dei compiti di input/output, lasciando al processore centrale solamente l'interfaccia RS-232C, il lettore di codici a barre ed il timer. Il primo è un 6301, dotato di 4 Kbyte di ROM interna, che gestisce lo schermo LCD, l'interfaccia seriale, la microcassetta, le due ROM e l'altoparlante. Oltre alla ROM il 6301 ha a sua disposizione 6 KB di RAM, cinque dei quali sono destinati al display. Il secondo invece è un 7508, che si occupa dell'alimentazione, della tastiera e del convertitore analogico/digitale».

Anche il Basic, come lo stesso sistema operativo, nonostante fosse in ROM era caricato in RAM al momento del suo utilizzo. Era possibile avere in linea fino a cinque programmi, richiamabili velocemente tramite altrettanti tasti funzione, ognuno col suo spazio di memoria gestito dinamicamente. Non si trattava di un Basic qualsiasi ma della versione Microsoft ormai diventata anche questo uno standard diffuso. Naturalmente EPSON non si era limitata un puro e semplice porting, ma l’aveva arricchito con la gestione delle specifiche funzionalità della macchina.

Sempre su ROM, opzionalmente, erano forniti i principali programmi di produttività personale, a cominciare dall’universale WordStar e i fogli elettronici CalcStar e Supercalc: tutti in versione Portable, ovvero ottimizzati per il display da sole 8 righe. Le ROM di espansione, infine, si installavano senza bisogno di smontare la macchina, tramite uno sportellino presente sul fondo. Erano sì i chip comuni identici a quelli utilizzati internamente, ma ingentiliti nell’inserimento da un’apposita struttura di aggancio (tanto attorno alla ROM quanto riguardo lo zoccolo che l’avrebbe ospitata) rendendo l’operazione iper-semplificata…

… e a portata di dita.

 

 


 

Chiuso, l'EPSON PX-8, era a sua volta una valigetta. Con maniglia estraibile e... vero e proprio coperchio in plastica beige per la tastiera, da inserire manualmente all'occorrenza.

 


 

Quella vistosa "zeppa" era il RAM disk opzionale da 120 KB che, con la sua forma a cuneo, teneva anche il PX-8 in posizione ergonomica. In sua assenza c'erano comunque due piedini ruotabili, come visibile in alto.

 


 

L'EPSON PX-8 con il suo drive FDD opzionale.

 


 

Le espansioni ROM. Si inserivano o estraevano senza alcun attrezzo (bastavano le sole dita) grazie a un "meccanismo" di aggancio e collegamento elettrico ben studiato.

 



 

:-)

 


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