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Digitando, digitando... n. 26/2013 del 18.11.2013

I display, questi sconosciuti... :-)

di Andrea de Prisco

«I polpi, a Bari, se non sono arricciati, nessuno li compra!». L'ho appreso da Rai 1, qualche giorno fa, nel corso della trasmissione Lineablu. Mi chiedo se accadrà lo stesso (e non solo a Bari...) per i display elettronici, visto che la nuova moda in arrivo - della quale "non potremo fare a meno!!!" - sono gli schermi curvi, o arricciati che dir si voglia.

LG e Samsung hanno già presentato nelle scorse settimane i loro primi smartphone "a dondolo", la prima con curvatura verticale, la seconda interpretandola in senso orizzontale. Entrambe, ringraziando non so bene chi, nel senso concavo del termine. Viceversa c'è chi immagina il prossimo iPhone addirittura convesso (panciuto!) e, per non farsi mancare nulla immagina tale rotondità sia orizzontale che verticale, manco fosse un tubo catodico. Che fantasia!

Poi ci sono, sempre in arrivo, di display curvi di grandi dimensioni, ma qui già un senso logico possiamo trovarlo, ad esempio per le postazioni dei trader: utilizzare un unico display avvolgente, invece che farsi avvolgere da tanti singoli display...

 Temo -  e lo temo proprio!!! - che il passo successivo saranno i display sferici o semi-sferici, nei quali immergersi nel verso senso della parola. Dopodiché cos'altro si inventeranno?!?

 

In principio era il tubo

 

In queste pagine, settimana dopo settimana, non faccio altro che dimostrare a me stesso, nel caso l'impietosa occhiata alla carta d'identità non fosse più che sufficiente, di quanto stia invecchiando. Ora mi tocca parlare di quei "vecchi cosi" chiamati tubi catodici... sorvolando sul fatto, senza riuscirci, che sono praticamente cresciuto con loro.

Bello, no?!?

Comunque, tanto e tanto tempo fa (sigh!!!) gli schermi in grado di visualizzare attivamente qualcosa erano i tubi catodici. Un mix di varie tecnologie e scienze, alcune anche piuttosto pericolose, che offrivano tale miracolo al grande pubblico. Per farla breve un "semplice" fascio di elettroni, emesso da un apposito catodo (da cui il nome di tubo catodico) viene deflesso da una apposita serie di elettromagneti (naturalmente guidati da una opportuna elettronica di contorno) finendo su uno strato di fosfori che, eccitati dagli elettronici, si rendono visibili agli occhi dell'osservatore. Il tutto ripetuto 50 volte al secondo, in perfetta sincronia con la corrente alternata della rete elettrica di casa, notoriamente (qui da noi) a 50 Hz.

Questo semplice accrocco è stato il protagonista per qualche decennio delle nostre abitudini televisive, worldwide dagli anni 30/40/50 in poi, anche se la tecnologia utilizzata risale addirittura al secolo precedente (fine 800), almeno secondo quanto ci ricorda Zia Wiki.

 

Dal BN al colore!

 

Il passo successivo, come tutti (?) sanno, è stato il passaggio dal bianco e nero al colore, avvenuto qui da noi nella seconda metà degli anni 70.

Il tubo catodico a colori potremmo definirlo oggi la versione 2.0 - ovvero la logica evoluzione - di quello originario monocromatico. Troviamo non uno ma tre distinti fasci di elettroni (guidati sempre da un'elettronica di controllo specifica) e una superficie di fosfori organizzata, secondo schemi differenti nonché gusti e tecnologie, a trama di colori primari: rosso, verde, blu.

Nasce, in un certo senso, anche il concetto di pixel: se nel tubo catodico originario la superficie fluorescente è "spalmata" senza soluzione di continuità su tutta la faccia interna anteriore, in quello a colori le triadi cromatiche hanno una dimensione prefissata, pertanto sono conseguentemente in numero finito e quantificabile.

Lo schema "un pixel a colori = tre sub-pixel RGB affiancati" è rimasto più o meno identico anche nelle generazioni successive dei display, indipendentemente dalla tecnologia "piatta" via via implementata.

 

Gli LCD

 

I display a cristalli liquidi, LCD, sono quelli che hanno subito più evoluzioni nel tempo. Negli anni 70 venivano utilizzati solo per visualizzare cifre grigie sulle calcolatrici elettroniche, mentre oggi li troviamo un po' dappertutto. Non emettono luce propria ma necessitano o di essere illuminati frontalmente o di una apposita retroilluminazione.

Il funzionamento si basa sulle proprietà ottiche di alcune sostanze (i cristalli liquidi) che sottoposte a campi magnetici deviano la polarizzazione della luce che li attraversa. Così, semplificando al massimo, basta aggiungere due filtri polarizzatori contrapposti davanti e dietro al pixel LCD e, comandando elettricamente la polarizzazione, visualizzare o meno ogni singolo punto sullo schermo. Questo, come sempre, vale per gli schermi monocromatici, per il passaggio al colore si applica lo stesso ragionamento di prima: moltiplichiamo per tre il numero di pixel a disposizione e aggiungiamo ad ognuno di questi un filtro colorato rosso, verde o blu, in modo tale da riprodurre anche le immagini a colori combinando opportunamente le tre componenti cromatiche primarie, secondo la sintesi additiva (come al solito!).

I pannelli LCD possono inoltre essere a matrice passiva o attiva. Nel primo caso i pixel sono comandati semplicemente da contatti posti sulle righe e sulle colonne, il che equivale a dire che può essere eccitato un solo pixel per volta (limitandone l'utilizzo ai soli schermi di piccole dimensioni) il quale rimane acceso solo per il tempo dato dalla sua intrinseca latenza. Negli LCD a matrice attiva, ad ogni pixel è associato un transistor che memorizza (e mantiene) lo stato del pixel acceso o spento fintantoché non viene aggiornato alla scansione successiva.

La retroilluminazione può avvenire "in qualsiasi modo", nel senso che in alcuni casi troviamo dei pannelli elettroluminescenti, in altre situazioni veri e propri tubi fluorescenti (tipo neon), più di recente batterie di LED a luce bianca che hanno (erroneamente) preso il sopravvento per indicarne la tecnologia. Quante volte, nei centri commerciali, troviamo cartelli (o commessi) pronti a decantare televisori a LED come migliori dei "vecchi" LCD?

Nulla di più falso: il pannello è sempre e comunque LCD, quello che è a LED è la sola retroilluminazione. Che al più inciderà positivamente sui consumi e sullo spessore complessivo del TV. Ma non sulla qualità...

 

P come Plasma

 

A differenza degli LCD gli schermi al plasma emettono loro stessi luce. Ogni singolo pixel, infatti, non si limita a consentirne o meno il passaggio, ma ne emette di propria come se fosse un microscopico tubo al neon.

Uhm... "microscopico" forse non è l'aggettivo più adatto. Uno dei limiti degli schermi al plasma è che non si riesce a miniaturizzare quanto si vorrebbe il singolo pixel. Tant'è che fino a qualche anno fa non esistevano (o erano rarissimi e costosissimi) pannelli di questo tipo Full HD se non di dimensioni complessive all'epoca gigantesche, 50 o 60 pollici. Oggi, poi, con l'avvento della risoluzione "super-alta" (4K) pare che la tecnologia al plasma sia giunta al capolinea visti i costi proibitivi che un pannello di questo tipo avrebbe per le risoluzioni così alte. Un po' mi dispiace, del resto lo schermo al plasma ha sempre avuto un suo fascino. Non foss'altro per i suoi neri profondi e la resa cromatica simile a quella dei vecchi CRT a colori.

Sì, lo so, sono un imperdonabile nostalgico! :-)))

 

OLED e AMOLED

 

Lo "schermo immaginario" che alcuni commessi di centri commerciali vorrebbero già vendere (o secondo loro stanno già vendendo!) in realtà esiste e si chiama OLED o AMOLED, rispettivamente a matrice passiva o attiva (come per gli LDC).

Si differenzia da questi ultimi per il non trascurabile dettaglio di emettere luce propria e non necessita, pertanto, di alcun tipo di retroilluminazione.

Essenzialmente sono formati da quattro strati: un anodo, uno strato conduttivo, uno strato emissivo e un catodo. Il tutto per uno spessore sottilissimo, il che consente la realizzazione, come detto in apertura, di display curvi.

La O di OLED sta organic e identifica l'utilizzo  di materiali elettroluminescenti, definiti come organici in quanto contenenti una struttura costituita prevalentemente da carbonio. Al momento sono molto diffusi su tablet e smartphone (specialmente sui Samsung) ma presto li vedremo anche sui TV e sugli display di grosse dimensioni per PC, appena i processi produttivi consentiranno prezzi di vendita più abbordabili.

Un po' di pazienza...

 


Bonus track... :-)


 

Colore... COLORE!!!

(estratto da MC n. 170 del febbraio 1997)

Non si può iniziare a parlare di colore senza una rapida visita al nostro sofisticatissimo "biosensore optocromatico stereoscopico autofocus" che proprio in questo momento si frappone tra le righe che state leggendo e il vostro cervello: l'apparato visivo umano. Ma, puntini sospensivi!, prima ancora di tuffarci tra Sfoglia MC n. 170 del febbraio 1997coni e bastoncelli (in tempi più recenti, nell'era della sponsorizzazione selvaggia, non avrebbero esitato a chiamarli Cornetti e Bastoncini!), cristallini, cornea e nervo ottico (stavo scrivendo "fibre ottiche"!!!) è necessaria la premessa delle premesse. Tanto per confondervi subito le idee, cominciamo col dire che... i colori non esistono: siamo noi che li vediamo tali, né nessuno potrà mai garantirci che due individui differenti abbiano la stessa percezione cromatica. Sappiamo che l'erba è verde, il cielo azzurro, la neve bianca, i pomodori rossi e siamo ben in grado (a meno di non essere daltonici) di riconoscere gli uni dagli altri. Ma come potremmo mai esser certi che le altre persone vedano il verde, così come gli altri colori, nel nostro stesso modo? Potrebbe anche darsi che quello che noi vediamo come giallo, agli occhi di un altro individuo appaia come il nostro rosso (e viceversa), ma considerando il fatto che da quando si nasce vediamo i colori in quel modo non potremmo mai trovarci nulla di strano. Se non vi convince il ragionamento, cercate di descrivere un colore senza fare riferimento ad altri oggetti noti o ad altre tinte. Naturalmente lo stesso ragionamento vale per i suoni, i sapori, gli odori e... gli stati d'animo (lasciamo perdere quest'ultimo aspetto se no il ragionamento rischia di complicarsi inutilmente). Non per fare inutile filosofia, ma i "sensi" esistono solo in quanto percepiti da appositi "sensori" (occhi, naso, orecchie, papille gustative, ecc.). Se gli esseri viventi non avessero l'odorato... i fiori non sarebbero profumati, la gente si laverebbe di meno e il primo deficiente a costruire una fabbrica di deodoranti, fallirebbe miseramente come merita! Si potrebbe anche ipotizzare l'esistenza di nuovi sensori per ulteriori capacità percettive di noi poveri, sprovveduti, esseri viventi. Senza esitazione alcuna avrei chiamato "Minollo" (la citazione alla famosa scenetta della Smorfia circa il diluvio universale è d'obbligo) il biosensore barometrico per capire la tendenza al buono o al cattivo tempo, mentre sarebbe molto utile un "Lubranoide" atto a fiutare (il riferimento all'olfatto è puramente casuale) i buoni, ma soprattutto, i cattivi affari. Dove posizionarli sul corpo umano sarebbe un bel problema, ma certo risolvibile (potrei istituire un concorso a premi... o, meglio, una gara d'appalto!).

AdP '97

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:-)

 


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