Articolo pubblicato sul n. 176 di MCmicrocomputer (Edizioni Technimedia Srl - Roma) nel settembre 1997

MCmicrocomputer


Digital Imaging:
La camera oscura digitale secondo Epson

di Andrea de Prisco

Come già anticipato in altre occasioni, l'attuale situazione di mercato degli apparecchi di ripresa diretta in digitale, almeno per quel che riguarda l'utenza consumer/semipro, non è certo delle più rosee. Escludendo infatti i prodotti per l'utilizzo tipicamente professionale, le fotocamere digitali attualmente in commercio dal costo ragionevole (da poche centinaia di migliaia di lire a pochi milioni) sono tutte - e sottolineo TUTTE - in grado di fornire una qualità immagine nel migliore dei casi appena sufficiente per la visualizzazione a video e nel caso peggiore utilizzabile per la sola pubblicazione in Internet. Per essere ancor più espliciti, il più delle volte sembrano fatte proprio fatte proprio apposta per utilizzi "salva-bit", visto che non è difficile riscontrare livelli di compressione immagine talmente tanto elevati da riuscire a stipare anche cinquanta immagini in appena un megabyte (non espandibile) di memoria RAM.Copertina del numero di MCmicrocomputer contenente l'articolo

Apparecchi (questo il nocciolo, stringi-stringi, della mia isolata protesta) in nessun caso definibili come vere e proprie macchine fotografiche, capaci cioè di fornire una qualità immagine almeno paragonabile a quella ottenibile con una mediocre fotocamera tradizionale. Immagini fotografiche digitali, sulle quali DEVE essere possibile intervenire con strumenti di fotoelaborazione/fotoritocco e DEVE essere possibile la fruizione su carta dopo la stampa, se non addirittura la fotorestituzione su pellicola per rientrare, dignitosamente, nel circolo virtuoso della fotografia tradizionale.

Il problema, se scendiamo maggiormente nei dettagli tecnici, non riguarda il lato fotografico di tali apparecchi (spesso molto completi per funzioni e controlli da parte dell'utente) ma è da ricercare soprattutto nel sensore CCD utilizzato, spesso caratterizzato da un numero di elementi addirittura inferiore a quelli normalmente utilizzati nelle più economiche telecamere amatoriali. Se già la qualità video è, notoriamente, distante anni luce dalla qualità fotografica, come può un sensore CCD ancor più "rachitico" essere utilizzato per riprendere singole immagini?

Penosa, poi, è la sfacciataggine di alcuni costruttori di fotocamere digitali di fascia bassa che hanno la pretesa di rendere opinabile perfino l'aritmetica elementare. Se un CCD conta tre o quattrocentomila pixel e considerato il fatto che tale quantità si riferisce SEMPRE al numero di elementi monocromatici del sensore, se vogliamo ottenere immagini digitali a colori dobbiamo utilizzare tre pixel (filtrati RGB) per conoscere le caratteristiche cromatiche di ogni singola porzione di immagine. Volendo essere pignoli fino all'osso, con trecentomila pixel si ottengono a mala pena centomila punti elementari a colori anche se è doveroso sottolineare che attraverso alcuni artefici software di interpolazione si riesce a tirare leggermente più in alto questo valore di base. Ma non al punto tale - diosanto! - da fornire una quantità di punti a colori pari a quella che il sensore CCD è in grado di rilevare in bianco e nero! Questo significa proprio barare, inventando di sana pianta punti immagini di cui né il sensore CCD né il più evoluto software di interpolazione accluso alla fotocamera potrà mai avere effettiva conoscenza.

 

Dal passato al futuro

 

Oggi la fotografia digitale (dove la parola fotografia non rinnega gli oltre centocinquanta anni di storia che la caratterizza), almeno per quel che riguarda la vastissima utenza "normale" non passa nemmeno marginalmente per gli apparecchi fotografici digitali disponibili attualmente in commercio. Siamo ancora legati (ma, tutto sommato, non ci dispiace affatto) alla fotografia tradizionale per quel che riguarda la ripresa, riservando ai meccanismi di post-produzione quello che da tempo identifico come "grande salto nel mondo dei bit". Scattare le proprie immagini con fotocamere e pellicole tradizionali, scansione elettronica delle stesse, successiva fruizione digitale. Un meccanismo - se vogliamo chiamarlo tale - praticamente privo di difetti e, soprattutto, da qualche tempo alla portata del grande pubblico: in più (questo spesso viene sottovalutato) ci permette di utilizzare digitalmente anche le immagini scattate anni/decenni fa, per far rivivere l'antica foto del nonno, la nostra prima comunione e quant'altro giace inerme negli scaffali più impolverati di casa nostra se non addirittura in soffitta.

Oggi un computer con almeno 16 o 32 megabyte di RAM, un paio di giga di hard disk, un monitor a colori, una potenza elaborativa della classe Pentium 100/120 non è certo una rarità; le stampanti a colori a getto di inchiostro costano sempre meno e offrono risultati sempre più entusiasmanti; arrivano (finalmente!) i primi scanner per negativi/diapositive per utilizzo e prezzo di vendita assolutamente consumer. Che cosa desiderare di più? Una sola cosa: l'integrazione tra i differenti dispositivi al solo fine di non "leggere" fischi per fiaschi, col rischio di ottenere in stampa dominanti azzurre dopo aver eliminato a video un eccesso di verde.

Per prima ci ha pensato l'instancabile EPSON, con la sua vera e propria camera oscura digitale: una accoppiata molto appetibile, scanner più stampante a colori per tuffarci nel mondo digitale dei bit-immagine, ottenendo risultati a dir poco sorprendenti e col minimo sforzo. Finanche economico...

 

Due prodotti

 

La proposta EPSON per la camera oscura digitale (o "camera chiara" che dir si voglia) di basa su uno scanner per pellicole negative/diapositive e su una nuova stampante a getto di inchiostro appositamente progettata per esaltare la resa cromatiche delle immagini fotografiche. Lo scanner, denominato FilmScan 200, funziona anche con il nuovo formato APS (Advanced Photo System) previa installazione dell'apposito caricatore opzionale. Con l'apparecchio sono forniti a corredo due slitte di lettura per sei fotogrammi in striscia o quattro diapositive montate su telaietto standard 5x5 cm. La risoluzione ottica del FilmScan 200 raggiunge il più che dignitoso valore di 1200 punti per pollice anche se, previa interpolazione software effettuata dal driver di gestione, fornisce immagini fino a 4800 punti per pollice. Anche in questo caso (come per i sensori CCD prima chiacchierati) è inutile forzare più di tanto l'interpolazione di punti in quanto a questa non corrisponde di certo un aumento di risoluzione reale. Il valore da tenere d'occhio è, come detto, quello della risoluzione ottica, 1200 dpi, col quale è possibile leggere al massimo 1128x1700 pixel reali da un fotogramma standard 35 mm: non sono tantissimi (poco meno di 2 milioni di punti... a colori!) ma ben al di sopra di quanto è attualmente ottenibile da una fotocamera digitale dal costo umano (per eguagliare la qualità del FilmScan 200 la nostra ipotetica fotocamera digitale dovrebbe avere un sensore CCD da almeno tre/quattro milioni di pixel... campa cavallo!).

Il FilmScan 200, come anticipato nell'introduzione, ha più che altro un grosso vantaggio di sicuro non trascurabile: è offerto ad un prezzo di vendita assolutamente senza precedenti (meno di un milione di lire) e si propone quale dispositivo di digitalizzazione negativi e diapositive dedicato principalmente all'utenza consumer. E' la prima volta che ciò accade e, sono disposto a scommetterci qualsiasi cifra, non rimarrà un episodio isolato. La guerra al ribasso, finanche per questi apparecchi prima dedicati solo ed esclusivamente all'utenza professionale, è iniziata: come utenti di personal computer, ormai malamente abituati a prezzi di vendita sempre più abbordabili, non possiamo che rallegrarci dell'avvenimento. D'altro canto, lo anticipiamo subito, il FilmScan 200 non ha nessuna pretesa di competere con i prodotti di fascia alta, tant'è che è inutile attendersi grossi miracoli, né pensare di utilizzarlo come un apparecchio squisitamente professionale.

Diverso è, se vogliamo, il discorso per la Stylus Photo, la stampante EPSON particolarmente votata alla produzione di immagini fotografiche. Pur continuando ad essere un prodotto per l'utilizzo consumer non possiamo non considerarlo di fascia alta. Vuoi per il prezzo di vendita (sempre intorno al milione) sicuramente allineato verso l'alto nel panorama delle stampanti a getto di inchiostro formato A4 disponibili oggi sul mercato, vuoi per la tecnologia utilizzata, molto raffinata e di certo all'avanguardia. La risoluzione di stampa dichiarata è di 720 punti per pollice (non siamo ai livelli record delle sorelle minori da 1440x720 dpi sempre di EPSON) ma il vero asso nella manica della Stylus Photo è rappresentato dalla tecnologia di stampa in esacromia (sei colori) che utilizza in aggiunta ai consueti nero, ciano, magenta e giallo anche un "ciano chiaro" e un "magenta chiaro". Se vi state chiedendo a cosa possa mai servire tale duplicazione di colori non avete, poi, tutti i torti. La ragione di una scelta simile va ricercata nei meccanismi di retinatura che permettono la realizzazione delle sfumature colore. Utilizzando un solo inchiostro, per ottenere tinte intermedie vengono accostate in maniera più o meno fitta puntini di inchiostro di dimensione variabile. Più le tinte sono chiare, più i singoli puntini sono tra loro distanti... e più sono visibili ad occhio nudo e dunque antiestetici. La trovata sta proprio nell'utilizzo degli inchiostri chiari per le sfumature chiare e degli inchiostri scuri per le tinte scure: in questo modo, anche stampando tinte molto tenui, non abbiamo mai antiestetici accostamenti di punti molto piccoli molto distanti tra loro ma, grazie agli inchiostri chiari, saranno utilizzati punti più grossi di minore intensità. Col vantaggio, tutt'altro che trascurabile, di essere praticamente invisibili ad occhio nudo (nonostante le dimensioni maggiori) proprio perché meno distanti l'uno dall'altro. Inutile aggiungere, per concludere, che la qualità di stampa della EPSON Stylus Photo non è assolutamente riproducibile per vie tipografiche sulle pagine di MC essendo ben più elevata di quella ottenibile dai nostri macchinari di stampa. Gli esempi che vedete pubblicati in queste pagine, sia ben chiaro, sono solo una scarsa approssimazione della qualità reale che vi consiglio di andare ad apprezzare presso il rivenditore EPSON a voi più vicino. Fidarsi è bene, verificare (risultati alla mano) è meglio...

 

Partiamo alla grande

 

Nonostante sia offerto ad un prezzo di vendita particolarmente basso (almeno rispetto alla attuale realtà di mercato dei prodotti di questo genere) il FilmScan 200 è tutt'altro che un dispositivo dalla consistenza "economica". Gli originali da digitalizzare si inseriscono in appositi caricatori a slitta in grado di ospitare rispettivamente sei fotogrammi in striscia (negativi o positivi) o quattro diapositive montate su telaietto standard. La cosa più interessante riguarda il fatto che, a differenza di molti altri prodotti concorrenti, è possibile effettuare l'anteprima su tutti gli originali caricati, decidere per ognuno di essi l'inquadratura e le eventuali correzioni d'esposizione necessarie, procedere in automatico alle singole digitalizzazioni preimpostate. Per quel che riguarda la velocità di lettura, non si tratta di una vera e propria "scheggia" ma nemmeno di una dispositivo esasperatamente lento. Per la digitalizzazione di una diapositiva, alla massima risoluzione ottica di 1200 punti per pollice (senza superflue interpolazioni software) sono sufficienti un minuto e quindici secondi. Significativamente più lento è nella digitalizzazione dei negativi, dove sono necessari (sempre con le medesime impostazioni) due minuti e quarantacinque secondi per fotogramma. Le prove sono state effettuate su un Power Macintosh 8500/120 (microprocessore PowerPC a 120 MHz) in collegamento SCSI col FilmScan 200, ma ci attendiamo tempi assolutamente identici con le macchine Pentium di pari velocità, anche utilizzando la porta parallela bidirezionale per il collegamento. L'importante è non utilizzare l'interpolazione software che fa lievitare sensibilmente i tempi di attesa, senza per questo riuscire a leggere un maggior livello di dettaglio dall'immagine sottoposta a scansione. Anche se i tempi di lettura, specialmente quelli per i negativi, appaiono piuttosto lunghi (quasi tre minuti per un fotogramma, con la "waiting syndrome" che corre di questi tempi, non passano certo inosservati) non bisogna dimenticare quanto sottolineato prima, ovvero che possiamo digitalizzare più fotogrammi in sequenza senza ulteriori interventi da parte dell'utente. E vi assicuro che è molto meglio avere uno scanner che in poco più di un quarto d'ora, da solo, legge sei fotogrammi in sequenza (lasciandoci il tempo di prenderci un buon caffè o di compiere qualsiasi altra attività extracomputer) piuttosto che disporre di un modello più sbrigativo - diciamo da un minuto e mezzo a fotogramma - che richiede il nostro intervento manuale prima di ogni immagine da digitalizzare.

Il software di gestione, EPSON Scan, ha un'interfaccia utente delle più chiare ed immediate, non offre controlli tipici dei prodotti professionali (regolazione cromatica, interventi sulle curve o sugli istogrammi), ma offre all'utente anche meno esperto quel minimo di operatività per ottenere digitalizzazioni più che soddisfacenti nella maggioranza dei casi. Nella finestra di controllo dobbiamo essenzialmente indicare il tipo di originale (negativo in striscia, diapositive in striscia, diapositive montate) e che tipo di digitalizzazione intendiamo effettuare (milioni di colori, 256 colori, 256 livelli di grigio). Poi possiamo subito chiedere l'anteprima delle immagini semplicemente agendo sull'omonimo pulsante. Di default viene effettuata l'anteprima su tutti i fotogrammi inseriti, ma agendo su appositi bottoni possiamo indicare in anticipo a quale immagine siamo interessati. I due menu pop-up "Destinazione" e "Formato supporto" ci permettono di impostare sia la calibrazione cromatica che l'eventuale interpolazione software. Col software dello scanner sono forniti i profili cromatici di tutte le stampanti EPSON (dalla prima Stylus COLOR alla "prossima" Stylus COLOR 3000 che presto proveremo in anteprima su MC) più una generica calibrazione schermo e una per stampanti laser a 600 dpi. Dall'annessa finestra di controllo della destinazione possiamo anche impostare la risoluzione del dispositivo o, meglio, la risoluzione che intendiamo utilizzare per produrre stampe su quella unità. La dimensione si seleziona dal menu pop-up "Formato supporto", tramite il quale l'utente meno esperto si ritrova automaticamente l'immagine digitalizzata della giusta grandezza e con la risoluzione ottimizzata per quel dispositivo. Il driver stesso si occupa di effettuare l'interpolazione software, come detto con un dispendio di energie (tempi di attesa) tutt'altro che trascurabile. Se vogliamo evitare di far lavorare inutilmente il software di gestione, dobbiamo impostare 1200 punti per pollice nella finestra della destinazione e scegliendo come formato supporto la voce "Formato Reale". Otterremo immagini digitali da 24x36 mm alla massima risoluzione ottica fornibile dallo scanner che ridimensioneremo opportunamente (con o senza interpolazione, a nostra scelta) tramite programma di fotoritocco.

"Opzioni" permette di intervenire sull'esposizione, sul gamma e sul microcontrasto dell'immagine in anteprima. Tutte le regolazioni sono immediatamente valutabili a video e ci dispiace solo per l'assenza di distinti strumenti per fissare il livello delle alte luci e delle ombre, funzione praticamente indispensabile per ottimizzare la lettura anche degli originali più difficili.

Infine, la finestra "Configurazione" permette di selezionare la taratura cromatica per la scansione delle diapositive (nativa EPSON o Apple ColorSync 2.0 per Mac), scegliere la qualità/velocità di digitalizzazione (normale o alta), il disco di lavoro utilizzato come memoria tampone.

 

Chiudiamo in bellezza

 

A guardare le stampe ottenibili con la Stylus Photo c'è veramente da rimanere a bocca aperta. Mai prima d'ora la tecnologia a getto di inchiostro (nata inizialmente come alternativa economica alle laser per la stampa in bianco e nero dei soli testi) si era spinta a tali livelli qualitativi: colori vivi, incarnati incredibilmente realistici, sfumature pressoché continue, alta risoluzione di stampa, fedeltà cromatica a dir poco impressionate...

Il tutto ottenibile senza alcuno sforzo da parte dell'utente, semplicemente impostando pochi parametri di stampa di facile ed immediata comprensione. Anzi, chi vuole può proprio lasciar fare tutto al driver software, limitandosi ad indicare il tipo di carta utilizzato (dalla carta comune al nuovo supporto di aspetto fotografico e costo copia contenuto) e se mira ad ottenere una maggiore qualità di stampa o una più alta velocità. Chi, invece, intende controllare più approfonditamente i vari parametri di stampa può richiamare la finestra delle impostazioni avanzate e... sbizzarrirsi a più non posso. Ad esempio scegliendo il tipo di retino utilizzato (standard, senza mezzetinte, a diffusione di errore), impostando l'alta velocità, il ribaltamento orizzontale o l'aumento di risoluzione apparente attraverso un'esaltazione del microcontrasto immagine. Agli incontentabili è poi dedicata la sezione di controllo cromatico che permette di agire su luminosità, contrasto, saturazione (senza preview dell'immagine: si stampa e... poi si ristampa), intervenire sulle singole componenti cromatiche della sintesi sottrattiva (ciano, magenta, giallo), impostare la funzionalità PhotoEnhance (che ottimizza i parametri per la resa fotorealistica delle immagini) o, per gli utenti Mac, lasciare il compito di corrispondenza cromatica a ColorSync 2.0.

Agendo sul bottone "Utility" possiamo richiamare l'EPSON Status Monitor per conoscere lo stato delle cartucce inchiostro, effettuare la verifica degli ugelli, la pulizia e l'allineamento delle testine.

Per finire, riallacciandoci alla prova a confronto delle stampanti a getto di inchiostro pubblicata sullo scorso numero di maggio di MCmicrocomputer, diamo uno sguardo ai risultati numerici dei nostri test. La Stylus Photo se l'è cavata più che dignitosamente per quel che riguarda le caratteristiche velocistiche e di consumo inchiostro (si noti, al riguardo, la pagina dei risultati), ottenendo un valore eccellente per la risoluzione reale. Quest'ultima è stata misurata essere pari a ben 480 punti per pollice (valore medio), con punte massime addirittura di 540 dpi nella stampa del nero e di due dei tre colori primari additivi (rosso e verde). Valori molto prossimi (in alcuni casi addirittura superiori) a quelli misurati per con la Stylus Color 600, provata sempre a maggio e accreditata di una risoluzione dichiarata ancora più alta: 1.440x720 punti per pollice.

Un consiglio, infine, a tutti gli utenti attuali e futuri della Stylus Photo. Quando smette di stampare per esaurimento (dichiarato) della cartuccia di colore... non datele retta più di tanto. Prima di correre a sostituire la tanichetta provate a rimuoverla dalla sua sede, delicatamente sbattelela un po' su un foglio di carta (attenzione a non macchiarvi con l'inchiostro) e rimettetela al suo posto. Andrete avanti almeno per un'altra ventina di stampe a colori formato A4: da non sottovalutare...

 

In conclusione

 

Brava EPSON. Con un'unica mossa, questa volta, è riuscita a sorprenderci favorevolmente su due distinti campi... di battaglia. Tanto per essere subito chiari, la Stylus Photo è senza ombra di dubbio la migliore stampante a colori a getto di inchiostro disponibile oggi sul mercato. C'è da chiedersi solo come reagiranno gli altri "competitor" del settore, di sicuro ben attenti alle mosse del colosso giapponese e pronti a sferrare il contrattacco nel più agguerrito dei modi.

I risultati "fotografici" ottenibili dalla Stylus Photo sono, come già ampiamente anticipato nell'articolo, a dir poco eccellenti. Per la prima volta una stampante a colori a getto di inchiostro eguaglia senza mezzi termini la qualità delle ben più costose macchine a sublimazione, con un costo copia che è solo una frazione di quello dovuto per ogni uscita dei dispositivi a trasferimento termico. Un foglio di carta "qualità fotografica" costa appena ottocento lire, ai quali (secondo i nostri test di consumo) è sufficiente aggiungere al massimo un'altra cifra simile per l'inchiostro impiegato su una stampa (veramente) fotografica in formato A4.

Tanto splendore della Stylus Photo ha un solo risvolto negativo: il FilmScan 200, che la EPSON propone come suo partner ideale, volendo essere particolarmente severi nel giudizio, non riesce a reggere appieno il confronto. Se la stampante, come detto e ridetto, è il "non plus ultra", lo scanner è più che altro un equilibrato mix di caratteristiche varie, oscillanti tra il sufficiente e l'ottimo a seconda del punto di vista. Tra le caratteristiche sicuramente apprezzabilissime del FilmScan 200 citiamo la possibilità di digitalizzare in "batch" un intero spezzone di pellicola negativa (fino a sei fotogrammi) definendo per ognuno di essi le singole tarature o l'inquadratura di scansione. Allo stesso modo non possiamo non apprezzare pienamente la calibrazione cromatica pre-tarata per le varie stampanti EPSON, nonché l'utilizzo della tecnologia ColorSync 2.0 per integrarsi a pieno titolo con altri dispositivi (monitor, stampanti, film recorder) parimenti calibrati/calibrabili. Qualche incertezza il FilmScan 200 l'ha manifestata solo durante la digitalizzazione di diapositive molto scure (immagini notturne), originali fotografici in grado di mettere in crisi anche dispositivi dal costo ben più sostenuto. La colpa, se vogliamo chiamarla tale, non è tanto dello scanner quanto del software di gestione che offre davvero poche possibilità di intervento sull'immagine di anteprima. Se però non dimentichiamo che il FilmScan 200 è offerto ad un prezzo di vendita abbondantemente sotto al milione (mai visto prima per apparecchi di questo tipo) dobbiamo anche valutare diversamente nel complesso l'offerta di EPSON.

Una cosa, allo stato attuale, è sicuramente certa: l'era della "camera chiara", la fotografia digitale per tutti, è finalmente iniziata!


Produttore e distributore:

EPSON Italia SpA
Via F.lli Casiraghi 427
Sesto S.G. (MI) - Tel. 02/262331

Prezzo al pubblico (IVA esclusa):

EPSON Stylus Photo - software LivePix L. 839.000
Cartuccia del nero L. 42.000
Cartuccia colore L. 38.000
Carta fotografica A4 (20 fogli) L. 16.000
Carta fotografica 10x15 cm (20 fogli) L. 13.000
EPSON FilmScan 200 (interf. parallela PC) L. 839.000
EPSON FilmScan 200 (interf. SCSI PC) L. 923.000
EPSON FilmScan 200 (interf. SCSI Mac) L. 881.000
Caricatore opzionale per APS L. 160.000
 

EPSON Stylus Photo - CARATTERISTICHE TECNICHE:

 

Tecnologia utilizzata: Ink-jet Super Micro Piezo -Testina di stampa: 36 ugelli per il nero, 36x5 ugelli per il colore - Direzione di stampa: bidirezionale con ricerca logica - Buffer di input: 64 Kbyte - Risoluzione massima dichiarata (dpi): 720x720 - Risoluzioni utilizzabili (dpi): 720x720, 360x360, 180x180 - Retini utilizzabili: standard, diffusione d'errore - Supporto profili cromatici: ColorSync 2.0 per Macintosh - Alimentazione carta: a frizione - Percorso carta: Alimentatore con ingresso posteriore - Tipi di carta utilizzata: Carta comune (64-90 g/m2), patinata, fotografica, glossy, lucidi, autoadesiva - Capacità vassoio standard: 100 fogli di carta 64 g/m2 - Formati e supporti utilizzati: A4, A5, A6, B5, letter, half letter, executive, buste, pellicole trasparenti, fogli autoadesivi - Sistemi operativi: Windows 3.1, Windows 95, MacOS - Interfaccia standard: seriale e parallela - Ingombro (LxPxH): 43x61x31 cm - Peso: 5.2 Kg

 

EPSON FilmScan 200 - CARATTERISTICHE TECNICHE:

 

Tipo scanner: a colori per pellicole - Metodo di scansione: testina di lettura fissa, movimento della slitta - Dispositivo fotoelettrico: Sensore CCD a linee - Area di lettura: 24x36 mm (pellicola 35 mm), 16x28 mm (caricatori APS) - Pixel effettivi: 1128x1700 (35mm), 752x1322 (APS) - Risoluzione di scansione: 1200 dpi (principale) 2400 dpi (secondaria) - Risoluzione di output: da 50 a 4800 dpi (interpolata) - Velocità di scansione: 15 ms/linea (diapositive, escluso il tempo di trasferimento dati) - Separazione colore: commutazione delle sorgenti di luce (verde, rosso, blu) - Luminosità: cinque livelli - Mezzetinte: 10 bit di input, 8 bit di output (convertitori A/D a 10 bit) - Dati immagine: 8 bit/pixel per le immagini monocromatiche, 24 bit/pixel per le immagini a colori - Interfaccia: parallela bidirezionale o SCSI - Sistemi operativi: Windows 3.1, Windows 95, Windows NT, MacOS - Sorgente di luce: Lampade fluorescenti a gas inerte - Dimensioni: 12x31x14 cm - Peso: 3 Kg


Articolo pubblicato su www.digiTANTO.it - per ulteriori informazioni clicca qui